Reddito di Cittadinanza, la Corte di Giustizia Eu boccia il requisito dei 10 anni di residenza: è discriminazione indiretta verso gli stranieri. La Corte apre la strada a potenziali costi fino a 3,1 miliardi di euro. Il requisito che ha riservato reddito e pensione di cittadinanza a chi avesse almeno 10 anni di residenza in Italia, dei quali gli ultimi due continuativi, determina una «discriminazione indiretta» ai danni degli stranieri; di conseguenza è illegittimo perché vìola l’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2003/109/Ce, norma che va interpretata «alla luce dell’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea». Il Patronato Inac Cia monitora e presidia gli sviluppi della vicenda.
BOCCIATO IL REQUISITO DEI 10 ANNI DI RESIDENZA PER RICHIEDERE IL REDDITO DI CITTADINANZA
Nelle sentenze riunite n. C-112/22 e C-223/22 la Corte di Giustizia UE sancisce il principio per cui l'accesso dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni sociali, l’assistenza sociale o la protezione sociale non può essere subordinato al requisito di aver risieduto per almeno 10 anni in uno Stato membro.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA
Uno Stato membro non può subordinare l’accesso dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni sociali, l’assistenza sociale o la protezione sociale al requisito, applicabile anche ai cittadini di tale Stato membro, di aver risieduto in tale Stato membro per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. Allo Stato membro è altresì vietato sanzionare penalmente una falsa dichiarazione riguardante tale requisito illegale di residenza.
La Corte considera che il requisito di residenza di cui trattasi costituisce una discriminazione indiretta nei confronti dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. La Corte esamina poi se tale disparità di trattamento possa essere giustificata dalla differenza dei rispettivi legami con lo Stato membro interessato dei cittadini nazionali e dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo.
IL LEGISLATORE EUROPEO SANCISCE CHE IL SOGGIORNO DEBBA ESSERE ININTERROTTO DI 5 ANNI
La Corte constata che la direttiva prevede, affinché un cittadino di un paese terzo possa ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, un requisito di soggiorno legale e ininterrotto di cinque anni nel territorio di uno Stato membro. Il legislatore dell'Unione ha considerato tale periodo sufficiente per avere diritto alla parità di trattamento con i cittadini di tale Stato membro, in particolare, per quanto riguarda le misure riguardanti le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale.
Pertanto, uno Stato membro non può prorogare unilateralmente il periodo di soggiorno richiesto dalla direttiva affinché un cittadino di un paese terzo soggiornante di lungo periodo possa beneficiare di un trattamento paritario rispetto ai cittadini di tale Stato membro in materia di accesso a una simile misura.
Infine, la Corte rileva che è altresì vietato allo Stato membro interessato sanzionare penalmente una falsa dichiarazione riguardante un requisito di residenza.