Pensioni, si guarda alla previdenza complementare. La tanto attesa riforma pensionistica è oggetto di dibattito dentro e fuori le aule parlamentari. Pensano le incognite tanto sull'inflazione quanto sulla reale sostenibilità delle misure che vengono concertate dagli addetti ai lavori. Come più volte sottolineato dal Patronato Inac, l'ipotesi di supportare la previdenza complementare resta uno dei pilastri fondanti della nuova impalcatura pensionistica. Senza escludere una riforma strutturale dell'intero meccanismo, che tenga conto del nuovo contesto sociale, economico e produttivo a cui dover rispondere.
PENSIONI, LE TUTELE DEGLI UNDER 40 RESTANO SOTTO LA LENTE DI INGRANDIMENTO
L'esecutivo Meloni potrebbe licenziare le direttive sul capitolo pensioni entro la fine di settembre, ovvero quando la NaDef consentirà di avere un quadro chiaro sulla finanza pubblica si cui si dovrà modellare la nuova legge di bilancio. Le parti sociali però attendono anche la strategia e le valutazioni che dovranno produrre i tecnici delll'Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, incaricati di redigere un dossier con delle proposte da vagliare.
PENSIONI, LA FLESSIBILITA' IN USCITA
Dopo il primo incontro tecnico, che ha focalizzato l'attenzione sulle tutele degli Under 40 e sulla necessità di garantire una pensione di garanzia, il secondo appuntamento previsto in calendario prevede il tema della flessibilità in uscita. Ad oggi i lavoratori dipendenti del settore privato, a partire dai 63 anni e 7 mesi di età per gli uomini e 62 anni e 7 mesi per le donne, che maturano, entro il 31 dicembre 2018 il diritto al trattamento pensionistico di vecchiaia iscritti all'assicurazione generale obbligatoria e alle forme sostitutive della medesima e con contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, possono ridurre l'orario del rapporto di lavoro in misura compresa tra il 40% e il 60%.
Ai suddetti lavoratori verrà riconosciuta mensilmente una somma corrispondente alla contribuzione previdenziale a fini pensionistici, a carico del datore di lavoro, relativa alla prestazione lavorativa non effettuata. Per i periodi di riduzione della prestazione lavorativa è prevista la contribuzione figurativa commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata.
SULLA RIFORMA DELLE PENSIONI PESA ANCHE LA CRESCITA DELL'INFLAZIONE
Per il 2023 l'inflazione viaggia attorno al 6%. Una percentuale che necessariamente dovrà tradursi in aumenti alle pensioni, raggiungendo costi molto elevati. Infatti non si escude che il Governo possa ritrovarsi a decidere se prolungare al prossimo anno l'aumento a 600 euro mensili dei trattamenti “minimi” degli over 75. A questo si aggiunge il pronunciamento della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il differimento del Tfs per i lavoratori pubblici, impattando inevitabilmente sui conti pubblici.
IL CAPITOLO PENSIONI VEDRA' I PRIMI RISULTATI A SETTEMBRE
Il confronto tecnico con le parti sociali proseguirà fino al 18 settembre quando sarà affrontato il capitolo della previdenza complementare. Dopo l'incontro sulle tutele previdenziali dei giovani “contributivi” e sulla flessibilità in uscita, l'11 settembre il tavolo discuterà di lavori gravosi e pensioni delle donne. Poi la parola spetta all'Osservatorio sul monitoraggio della spesa previdenziale, che consegnerà il dossier di valutazioni e proposte alla Ministra Calderone. Sempre a settembre, l'esecutivo avrà chiaro il quadro sulle risorse disponibili da appostare e potrà valutare quali misure inserire nella prossima legge di bilancio.
LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE RESTA L'UNICA IPOTESI PERCORRIBILE
Garantire un'adeguata copertura previdenziale ai giovani con carriere discontinue sembra l'unica strada percorribile per il Governo. Le nuove misure dovrebbero scattare attraverso la delega fiscale e la prossima manovra. Già a gennaio si è parlato di agevolazioni fiscali, incentivi soprattutto per gli under 35, l'innalzamento dell'attuale soglia di deducibilità e anche una nuova fase di “silenzio-assenso” per destinare il Tfr ai fondi pensione. Dall'ultima rilevazione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) emerge che, dopo il crollo del 2022, nei primi tre mesi del 2023 i rendimenti di tutte le forme di previdenza integrativa sono tornati a crescere e gli iscritti sono arrivati a quota 9,350 milioni: l'1,2% in più sull'anno precedente.