Entra nel merito della gestione della spesa pensionistica il Fondo Monetario Internazionale. Oltre a bocciare la flat tax e a criticare la gestione sulla spesa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, l'Istituto punta il dito sulla gestione previdenziale, e sulle uscite anticipate. Un andamento che confligge con la necessità di garantire un trend di produttività che va via via indebolendosi.
Infatti il Fondo solleva i nodi di maggiore criticità: dal crollo demografico all'invecchiamento della popolazione. Due fattori che incidono fortememente tanto sulla spesa sanitaria quanto su quella previdenziale. Per le pensioni l’Italia spende di più rispetto alla media europea. A questo bisogna aggiungere un dato fornito dalla Corte dei Conti: se è vero che in Italia la pensione di vecchiaia fissa l’età per il pensionamento a 67 anni, è altrettanto vero che ci sono diverse opzioni di flessibilità, che di fatto portano ad un abbassamento dell'età effettiva della pensione. Nel 2022 l'età media è stata pari a 61,2 anni.
Di qui l'invito a mettere un freno alle pensioni anticipate e quindi a nuove uscite. Un monito che potrebbe incontrare iindirettamente il parere favorevole dell'esecutivo Meloni, che da mesi sta rinviando la concertazione di una riforma pensionistica. Ma che di sicuro troverebbe un muro da parte dei sindacati, che dopo tre incontri tecnici, stanno organizzando la mobilitazione generale per ottenere risposte. La Cgil di Maurizio Landini ha già preannunciato l'occupazione della piazza nel prossimo autunno.
Sebbene non vincolante per l'indirizzo di politica economica, il parere del Fondo acquisisce importanza sul lungo termine, in sede di approvazione della Legge di Bilancio. Ragion per cui, il progetto di riforma pensionistica rinviato al 2024, dve poter contare sulla proroga di Quota 103 e sull'adozione di Quota 96.
La capacità di finanziare la spesa sanitaria per una fascia sempre più fragile e anziana di popolazione è uno degli allert posti dal Fondo, che invita l'Italia a garantire la partecipazione al lavoro, anche al di là dell'età pensionabile e soprattutto delle donne. Le indicazioni fornite dall'Istituto riguradano l'approvazione di riforme e investimenti utili ad aumentare la produttività e ad ammodernare l’economia, tenendo conto che nei prossimi 25 anni la forza lavoro in Italia è destinata ad abbassarsi del 30%, comportando un crollo del prodotto reale - rispetto al 2029 - del 3% nel 2030, del 12% nel 2040 e del 20% nel 2050.