E' sempre più urgente intervenire sulla riforma del sistema pensionistico, dal 1995 ad oggi si sono susseguiti interventi, quasi sempre in legge di bilancio, che praticamente stanno comportando una enorme difficoltà per poter garantire consulenze adeguate perché ogni situazione è un caso a se stante e perché ormai le persone hanno versamenti in fondi diversi, con regole diverse e spesso non conoscono la propria situazione. Abbiamo sperimentato durante il covid che la gente non sapeva per quale tipologia di bonus fare domanda perché non sapeva esattamente quale fosse la propria iscrizione previdenziale. I patronati e i sindacati, il call center e gli sportelli Inps si confrontano ogni giorno con la difficoltà di analisi e costruzione del diritto e con tanti diritti inespressi.
Le stime dell’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere, Anpal e Inps informano che tra il 2023 e il 2027 il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti: di cui 2,7 milioni (pari al 71,7 per cento del totale) in sostituzione delle persone destinate ad andare in pensione e più di un milione di nuovi ingressi (il 28,3 per cento del totale) legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio. A legislazione vigente, pertanto, nei prossimi 5 anni quasi il 12 per cento degli italiani lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età e con regole pensionistiche molto complicate. E' veramente urgente affrontare una riforma complessiva che semplifichi e cerchi di portare a giustizia le troppe differenze che si sono create, ormai stiamo dicendo da anni che aver cancellato l'integrazione al trattamento introducendo il sistema contributivo rende urgente un ripensamento generale, l'esistenza dell'assegno sociale con eventuali maggiorazioni e dal 2019 l'esistenza della pensione di cittadinanza dimostra che le pensioni da versamenti contributivi da lavoro vanno valorizzate, la situazione dei coltivatori diretti, ad esempio, va affrontata. Si sostiene che l'agricoltura sia fondamentale per l'economia, per la salute alimentare, per la tutela del territorio, ma se il lavoro agricolo non permette a imprenditori e lavoratori di poter guadagnare e avere una tranquillità di futura pensione è difficile incentivare i giovani ad affrontare queste professioni. Il Governo dice che non ci sono risorse per una riforma e che ci sono tante altre urgenze ed emergenze, vanno almeno affrontate le contraddizioni e all'interno del sistema e individuare correttivi indispensabili.
Sicuramente non è stata una buona scelta aver previsto per opzione donna requisiti che ricalcano l'ape sociale perchè si va solo ad aumentare la confusione. Opzione donna è una norma del Ministro Maroni del 2004, 35 anni di contributi e minimo 57 anni di età allora, 58 e 59 nelle proroghe successive, non era stata usata molto fino alla manovra Monti/Fornero che innalzando l'età per la pensione di vecchiaia delle donne, praticamente da 60 a 67 anni, ha reso interessante questa opportunità per necessità di uscita anticipata, Ape sociale, Precoci, Opzione donna vanno migliorate adeguandole alle esigenza vere delle persone, non possono essere modificate in modo peggiorativo, sono state una risposta non sufficiente, ma almeno un correttivo a situazioni di reale difficoltà.