Oltre 2 mila agricoltori Cia in piazza a Roma per manifestare contro i rincari: la speculazione economica prodotta dalle tensioni geopolitiche mette in ginocchio il comparto primario. Migliaia di bandiere verdi e delegazioni di tutta Italia hanno impegnato per l'intera mattinata Piazza Santi Apostoli a Roma, dove la Cia- Confederazione Italiana Agricoltori- si è riunita per protestare contro i ricarichi dei costi dell'intera catena dell'agroalimentare, arrivati al 500 per cento. Dal campo alla tavola lievitano a dismisura i costi dei prodotti, arrecando ingenti danni non solo al consumatore finale, ormai impossibilitato a fare la spesa, ma soprattutto ai produttori, impoveriti dalla riduzione dei raccolti a causa del cambiamento climatico, delle grandi siccità e l'aggressione di virus; e dalla rarefazione di concimi, che pure hanno subito pesanti effetti inflattivi.
OLTRE 2 MILA AGRICOLTORI IN PIAZZA CONTRO I RINCARI DEL 500%
Su un chilo di mele acquistate dal consumatore a 2,50 euro, l'agricoltore incassa circa 40 centesimi. Una forbice troppo ampia di disparità che non consente a chi produce di garantire la sussistenza della sua azienda e quindi della sua famiglia. Il reddito dei contadini è diminuito e a questo si aggiunge l'aumento del costo della vita più in generale. Riconoscere il giusto prezzo agli agricoltri è la sfida lanciata da Cia, che traduce non solo la grande sofferenza degli agricoltori impossibilitati a garantire la produzione, ma anche le difficoltà dei consumatori che rinunciano all'acquisto dei beni alimentari.
RIVEDERE GLI STRUMENTI DI ACCESSO ALLA TERRA E FAVORIRE IL RICAMBIO GENERAZIONALE
"Gli agricoltori non sono il problema, ma la soluzione" tuona il presidente Fini dal palco, che indica tra gli altri interventi, quello di "favorire l’aggregazione aziendale e incentivare la crescita delle Pmi, anche con una revisione degli strumenti di accesso alla terra e una legge sul ricambio generazionale, che vuol dire dall’altro lato agevolare l’uscita dal settore con una riforma strutturale per innalzare le pensioni minime agricole".
MASTROCINQUE: UN WELFARE PIU' GIUSTO E PENSIONI PIU' EQUE
Incalza sul punto il presidente del Patronato Inac-Cia Alessandro Mastrocinque, protagonista del corteo in testa alla delegazione dell'Istituto. "Siamo in prima linea per chiedere un welfare più giusto e pensioni più eque. Il Patronato è la prima cassa di risonanza del termometro sociale. Abbiamo piena contezza delle gravi difficoltà che stanno attraversando gli imprenditori agricoli, tra emergenze climatiche e l'impennata dei costi energetici, tra rincari dei concimi e concorrenze di mercato. Così come siamo anche pienamente consapevoli delle difficoltà che incontrano le fasce più deboli della società, costretti a rinunciare ai beni alimentari. I nostri pensionati percepiscono pensioni troppo basse per riempire il carrello della spesa. Tra l'impoverimento degli agricoltori e la povertà dei consumatori c'è una stortura del mercato che deve essere corretta".
REDDITO DELLE AZIENDE AGRICOLE IN CALO DEL 60%
Secondo le stime Cia il reddito netto delle aziende agricole è calato del 60%, mentre i costi sono cresciuti in media di 16 mila euro per impresa. La Confederazione guidata da Cristiano Fini denuncia che i conti non tornano e serve subito quel piano agricolo nazionale sempre annunciato e mai realizzato, che rimetta al centro l’impresa e il suo reddito.
CIA ILLUSTRA I NUMERI DELLA CRISI
Nessun settore agricolo è indenne dalla crisi ormai diffusa e generalizzata, tra emergenze geopolitiche, climatiche e fitosanitarie. L’ortofrutta è in ginocchio, con un taglio del 40% della produzione dopo la siccità record del 2022, le gelate e soprattutto gli effetti delle alluvioni di maggio. Il vino Made in Italy ha perso in media il 12% quest’anno, a causa degli attacchi distruttivi di peronospora, perdendo il primato mondiale a favore della Francia. Anche la zootecnia è in sofferenza, con un 2023 inaugurato dal calo del 30% della produzione di carne bovina e continuato con il proliferare della peste suina, che rischia di distruggere un comparto da 11 miliardi.
E mentre i listini dei cereali sono in caduta libera (-40%), il carrello della spesa si fa più pesante con l’inflazione, esplodendo il divario tra i prezzi pagati agli agricoltori e quelli sugli scaffali dei supermercati. Oggi un produttore prende 35 centesimi per un chilo di grano duro, mentre un pacco di pasta costa 2,08 euro, con un aumento del 494% dal campo alla tavola. Stessa dinamica sul latte: all’allevatore vanno 52 centesimi al litro, ma il consumatore per comprarlo spende 1,80 euro (+246%). Vale anche su frutta e verdura: i pomodori passano da 1,13 euro al chilo all’origine a 3,73 euro al consumo (+230%); le mele da 50 centesimi a 2,43 euro al chilo (+386%); le pere da 1,64 a 3,55 euro al chilo (+116%); persino la zucca di Halloween, da 65 centesimi a 2,76 euro (+325%). Il risultato è un calo del 60% del reddito netto delle imprese agricole, che fanno sempre più fatica a coprire i costi di produzione in continua ascesa (+16mila euro nell’ultimo anno per azienda).