Le indennità di malattia, maternità, di congedo parentale e di assistenza i disabili non sono pignorabili. Lo Stato non può aggredire tali prestazioni per soddisfare il pagamento di tributi o sanzioni. Lo chiarisce l'Istituto di previdenza in un documento che impone limiti alla pignorabilità delle prestazioni previdenziali diverse da quelle pensionistiche. Fuori anche l’indennità di congedo parentale e le indennità per assistere i disabili.
Le prestazioni sopra citate sono impignorabili a prescindere dalla loro entità salvo per debiti maturati verso l’Inps (es. prestazioni indebite o omissioni contributive) in tal caso nei limiti di un quinto del loro valore. Invece sono, pignorabili nella misura di un quinto del loro valore gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (es. cassa integrazione) e i trattamenti di disoccupazione indennizzata, in quanto tali trattamenti seguono le stesse sorti dei redditi da lavoro dipendente.
Se però si tratta di crediti alimentari il pignoramento è possibile nella misura stabilita dal giudice e, in tal caso potrebbe anche essere superiore a un quinto del loro valore.
La legge stabilisce che il debitore è tenuto a rispondere delle proprie obbligazioni con tutto il suo patrimonio, salvo i casi in cui la legge stabilisce limiti specifici. È proprio su tali eccezioni che interviene l’articolo 545 del codice di procedura civile, distinguendo tra crediti assolutamente impignorabili e crediti parzialmente pignorabili, come stipendi e pensioni, con percentuali variabili in base alla natura del credito.
Sono impignorabili i sussidi vitali legati a maternità, malattia, funerali e congedi parentali, così come specifiche prestazioni assistenziali.
Si tratta, spiega l’Inps, delle somme erogate per prestazioni a titolo di malattia, maternità, paternità, nonché quelle collegate ai congedi parentali, alle prestazioni antitubercolari, ai permessi e ai congedi straordinari per assistenza ai disabili.
Anche gli assegni familiari e quelli per il nucleo familiare (ANF) seguono la stessa disciplina a meno che non siano pignorati per causa di alimenti: in tal caso possono essere distratti in favore di coloro per i quali gli assegni sono corrisposti.
CASI DI IMPIGNORABILITA' PARZIALE
Le indennità che sostituiscono il reddito da lavoro – come indennità di disoccupazione, cassa integrazione o mobilità – seguono, invece, le regole dei redditi da lavoro dipendente. In concreto, queste prestazioni possono essere pignorate:
In caso di più pignoramenti contemporanei, la quota trattenibile può arrivare fino alla metà della prestazione.
Quando l’indennità di disoccupazione viene erogata in unica soluzione come incentivo all’autoimprenditorialità perde la natura di prestazione previdenziale e diventa un contributo finanziario. Di conseguenza, non si applicano i limiti di pignorabilità tipici dei redditi da lavoro: l’intero importo può essere pignorato a copertura del debito.
L’assegno di mantenimento per il coniuge separato o divorziato va trattato come credito di natura “alimentare”, con le stesse tutele previste per i figli. In questi casi, la misura del pignoramento è sempre rimessa al giudice e quindi può anche superare la misura di un quinto.
Se sullo stesso trattamento gravano più pignoramenti, l’INPS deve dare esecuzione in base all’ordine temporale delle notifiche. Tuttavia, la quota complessiva pignorabile non può superare la metà della prestazione. Anche in caso di concorso con cessione del quinto, i pignoramenti hanno priorità.
Infine per quanto riguarda il recupero delle somme indebitamente erogate dall’INPS vige il principio di restituzione previsto dall’articolo 2033 del codice civile. L’Istituto può quindi trattenere fino a un quinto delle prestazioni previdenziali non pensionistiche in corso di erogazione.
QUALI SONO LE PRESTAZIONI AGGREDIBILI
L’elenco delle prestazioni aggredibili è ampio e comprende:
Anche i trattamenti di famiglia sono aggredibili nei limiti di un quinto ma, in tal caso, solo ai fini del recupero di prestazioni aventi la stessa natura, ovvero solo per il recupero dell’indebita percezione degli assegni familiari e degli assegni al nucleo familiare.
A differenza delle pensioni, per le prestazioni non pensionistiche non è previsto il cosiddetto “minimo vitale” intoccabile pari al trattamento minimo: l’INPS può dunque rivalersi direttamente sulle somme dovute, sempre nel limite del quinto.