Lavoro, staffetta generazionale pensionati e neo assunti: part time e parità di contributi in cambio dell'assunzione di un giovane under 35. Si tratta dell'orizzonte perseguito dall'esecutivo Meloni e già preannunciato dalla Ministra del Lavoro Calderone. Il piano del Governo prende forma in vista della prossima stesura della Legge di Bilancio. Cosentire ai lavoratori prossimi alla pensione di passare al lavoro part time ma a parità di contributi consente di allegerire il carico di lavoro, ma anche di favorire l'introduzione di un giovane under 35 nel mondo del lavoro.
LAVORO, PRENDE FORMA LA STAFFETTA GENERAZIONALE
La misura messa in campo dal Governo impone al datore di lavoro di assorbire nuova linfa, e lega l'esperienza consolidata di chi è prossimo al pensionamento a chi invece ha tutto da imparare. Il patto tra giovani e meno giovani dovrebbe favorire l'atteso ricambio generazionale sul mercato del lavoro e rispondere alle esigenze delle frange della popolazione. Il successo di questa misura, se implementata, dipenderà dalla disponibilità e volontà dei lavoratori con oltre 60 anni di età che dovranno trasformare il contratto di lavoro a tempo pieno in part time.
Il meccanismo offre la possibilità ai dipendenti prossimi alla pensione di trasformare (a parità di contributi) il tempo pieno in part time, a patto che il datore di lavoro assuma contestualmente un under 35. L’idea sarebbe di permettere di ridurre l’orario di lavoro, magari dimezzandolo (su base volontaria) a chi si trova a due o tre anni dalla pensione. Il lavoratore rimarrebbe alle dipendenze dell’azienda ottenendo metà stipendio e metà pensione, ma i contributi continuerebbero ad essere versati.
In questo modo a 67 anni potrebbe avere un assegno pieno senza le decurtazioni di una Quota 103 o del ricalcolo contributivo di Opzione Donna.
LAVORO, STAFFETTA GENERAZIONALE E TRASMISSIONE DELLE COMPETENZE
Grazie a questo sistema i profili senior con elevate competenze potrebbero trasferire il loro know how ai giovani agevolando il ricambio generazionale. La misura fa parte del «pacchetto pensioni per i giovani» annunciato dalla Premier Giorgia Meloni. Sempre in tema di pensioni e nuovi provvedimenti attesi per il 2024, è ormai certa la riconferma di Quota 103, il pensionamento con 41 anni di contributi e 62 di età, su cui si stima un costo pari a 300 milioni di euro nel 2024. Una somma che oggi deve fare i conti con un plafond di investimenti fermo a 1 miliardo e mezzo di euro che dovrà considerare anche la nuova indicizzazione alla luce dell'ondata inflattiva.
Sul fronte previdenziale la priorità è scongiurare il ritorno alla legge Fornero. Se fosse confermata nel 2024, la legge Fornero consentirebbe di andare in pensione con 67 anni e almeno 20 di contributi, oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi a prescindere dall’età.
ACCANTONATA QUOTA 41: TROPPO ONEROSA
L'ipotesi di aprire a Quota 41 (uscita a partire da 62 anni oppure con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica) è ormai impraticabile. Secondo i calcoli dell’Inps costerebbe circa 4 miliardi di euro il primo anno e 75 in dieci. Motivo per cui, l’unica strada percorribile sembra essere quella che porterebbe alla riconferma, almeno per un anno, di Quota 103, in attesa di mettere mano ad una vera riforma pensionistica., come più volte auspicato dal Patronato Inac- Cia.
LA SPESA PER LE PENSIONI IN ITALIA RAGGIUNGERA' IL 16,2% NEL BIENNIO 2023-2024
La spesa per le pensioni in Italia raggiungerà il 16,2% del Pil nel biennio 2023-2024, confermando un aumento rispetto al 15,6% registrato nel 2022. In compenso dal 2042 al 2070 il rapporto spesa-Pil inizierà a diminuire gradualmente, attestandosi al 16,1% nel 2050 e al 14,1% nel 2070. Un’inversione che sarà determinata dall’applicazione generalizzata del calcolo contributivo e dalla progressiva uscita delle generazioni del baby boom.
Questo il quadro emerso dall’ultimo rapporto sul sistema pensionistico italiano della Ragioneria generale dello Stato, intitolato “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”. Il rapporto ha messo anche in luce come diverse misure introdotte dal 2019 al 2023 abbiano influenzato l’andamento della spesa pensionistica. In particolare, l’implementazione di Quota 100 e la riduzione dei requisiti di accesso al pensionamento anticipato hanno contribuito all’aumento della spesa pensionistica che nel 2020 ha raggiunto il picco del 16,9%.
Dallo studio licenziato dalla Ragioneria generale dello Stato è emerso che per rendere permanente Quota 103 servirebbero 6 miliardi da qui al 2040. Invece Itinerari Previdenziali sottolinea che oggi ci sono 755 mila pensioni pagate con il regime contributivo puro, ossia con una pensione calcolata soltanto in base ai contributi versati durante l’arco della propria vita lavorativa. L’età media di pensionamento è di 71,2 anni e l’assegno medio mensile di 368,15 euro. La maggior parte delle pensioni contributive, oltre 520 mila, sono nella gestione dei lavoratori parasubordinati. In questo caso l’età media di pensionamento è di 75 anni e l’assegno ammonta a soli 233,11 euro medi mensili