Incentivo per ritardare la pensione con Quota 103: ecco il bonus Maroni per avere più soldi in busta paga. Inps spiega come questa norma introdotta con la Manovra 2025 esoneri il datore di lavoro dell’obbligo di versamento contributivo della quota a carico del lavoratore verso le diverse forme assicurative.
In sostanza si prospetta la possibilità di avere stipendi più ricchi per chi decide di rinviare l’uscita dal lavoro nonostante abbia i requisiti di Quota 103. I lavoratori con 62 anni di età e 41 di contributi, che scelgono di non fare richiesta di pensione anticipata flessibile, possono ricevere in busta paga i contributi a proprio carico che sarebbero accreditati dall’Inps.
Si tratta di un importo pari al 9,19% del valore della retribuzione, relativo all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive.
INCENTIVO PER RITARDARE LA PENSIONE: L'ACCREDITO DEI CONTRIBUTI IN BUSTA PAGA
Dal 2025 questa decisione è incentivata fiscalmente dato che la quota che andrà in busta paga sarà esente dalla tassazione Irpef. I lavoratori che hanno i requisiti per Quota 103- sottolinea la legge di Bilancio per il 2025-, “possono rinunciare all’accredito contributivo della quota dei contributi a proprio carico relativi all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima.
In conseguenza dell’esercizio della predetta facoltà viene meno ogni obbligo di versamento contributivo da parte del datore di lavoro a tali forme assicurative della quota a carico del lavoratore, a decorrere dalla prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell’esercizio della predetta facoltà. Con la medesima decorrenza, la somma corrispondente alla quota di contribuzione a carico del lavoratore che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale, qualora non fosse stata esercitata la predetta facoltà, è corrisposta interamente al lavoratore”.
INCENTIVO PER RITARDARE LA PENSIONE: I REQUISITI
Per usufruire di questo incentivo i requisiti devono essere maturati entro il 31 dicembre 2025. “Le somme così corrisposte non sono imponibili né ai fini fiscali, per i soli iscritti all’Assicurazione Generale Obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti e alle forme sostitutive della medesima, né ai fini contributivi. Il datore di lavoro viene sollevato dall’obbligo di versamento dei contributi a carico del lavoratore che ha esercitato la facoltà dell’incentivo al posticipo del pensionamento. È sempre obbligato, invece, a versare i contributi della quota a carico del datore di lavoro”.
Per i requisiti della pensione anticipata flessibile maturati nel mese di gennaio 2025, l’esonero contributivo non può avere una decorrenza antecedente al 1° agosto 2025, per i lavoratori dipendenti privati e al 1° ottobre 2025, per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
I LAVORATORI CHE HANNO MATURATO I REQUISITI DI QUOTA 103 A FINE 2024 ANDRANNO IN PENSIONE ANTICIPATA AD AGOSTO
I lavoratori con almeno 62 anni di età e 41 di contributi maturati a fine 2024 possono andare in pensione anticipata flessibile nel 2025 ma dovranno aspettare sette mesi se dipendenti del settore privato o autonomi e nove se dipendenti pubblici. La prima uscita quindi a causa delle cosiddette finestre è prevista ad agosto 2025.
La pensione anticipata flessibile, ricorda l’Inps, “ è determinata secondo le regole di calcolo del sistema contributivo” ed “è riconosciuta per un valore lordo mensile massimo non superiore a quattro volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente, per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto ai requisiti ordinari previsti per la pensione di vecchiaia (67 anni quest’anno). In pratica quindi il limite dell’assegno che si potrà ricevere in caso di uscita anticipata è di sarà di 2.413,6 euro lord fino a 67 anni.
I LIMITI ORDINAMENTALI NEL PUBBLICO IMPIEGO: LE AMMINISTRAZIONI NON POSSONO RISOLVERE IL CONTRATTO PRIMA DI 67 ANNI DI ETA'
Da quest’anno i dipendenti pubblici che hanno i requisiti per la pensione anticipata indipendentemente dall’età (42 anni e 10 mesi per gli uomini oltre a tre mesi di finestra mobile) potranno restare al lavoro fino a 67 anni e non solo fino a 65. Le amministrazioni quindi non possono risolvere il contratto prima dell’età di pensionamento di vecchiaia, ovvero a 67 anni.
Ai fini pensionistici "le quote di pensione liquidate con il sistema retributivo e riferite ad anzianità inferiori a 15 anni al 31 dicembre 1995 per gli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali, alla Cassa per le pensioni ai sanitari, alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, e alla Cassa per le pensioni agli ufficiali giudiziari sono calcolate con le aliquote di rendimento riviste dalla legge di Bilancio per il 2024".